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26 – Una “società commerciale” può sopravvivere ?

UNA “SOCIETÀ COMMERCIALE” PUÒ SOPRAVVIVERE? da “L’ordine senza piano” di Lorenzo Infantino, 2011, pag.34-35 Occorre capire, aggiunge Mandeville, che “chiunque abbia qualche amor proprio terrà in debito conto la propria reputazione. Se sa di correre grossi rischi di essere scoperto e non è sicuro di poter rimanere impunito, pure un uomo privo di saldi principi eviterà di rubare”. Anche se dobbiamo rivolgerci a uomini che non sono quelli che vorremmo, la società può allora sopravvivere. “Per assicurare e conservare la stabilità delle Nazioni e tutte le cose a esse necessarie, è sufficiente avere sane leggi, vigilare e fortificare la loro costituzione e trovare una forma di amministrazione che preservi il bene pubblico dall’insipienza e dalla disonestà”. Non dobbiamo perciò affidarci agli uomini, ma alle leggi, al controllo e alla sanzione nei confronti di chi viene scoperto. Dobbiamo cioè renderci conto che quel che vogliamo ” ascrivere alla virtù e all’onestà dei ministri è interamente dovuto al rigore dei regolamenti. Una nazione non dovrebbe mai fidarsi se non dell’onestà che fonda su una necessità. Perché infelice è il popolo, e sempre precaria la sua costituzione, il cui benessere deve dipendere dalla virtù e dalle coscienze di ministri e politici”, e non dal rispetto delle leggi. Con un’espressione più vicina a noi, possiamo chiamare tutto ciò certezza del diritto. Smith concorda pienamente. Egli giunge addirittura a dire: “Se c’è una qualche società tra briganti e assassini, essi devono almeno evitare di derubarsi e uccidersi a vicenda. La beneficenza è perciò meno essenziale della giustizia all’esistenza della società. La società può sussistere senza beneficenza, benché non nella condizione più confortevole. Ma il prevalere dell’ingiustizia la distrugge totalmente. La beneficenza è l’ornamento che abbellisce l’edificio, non il fondamento che lo sostiene. La giustizia è invece il principale pilastro che sorregge l’intero edificio”. Mandeville e Smith sostengono quindi che, se anche la società fosse composta da uomini privi di saldi principi, essa sarebbe ugualmente possibile. Il loro uomo “nudificato” è mosso solo da basse passioni. Ma la società sopravvive; perché la legge e i suoi meccanismi sanzionatori rendono evidente a tale uomo che l’adesione alle norme sociali procura meno inconvenienti della loro violazione. Cioè, la libera manifestazione dei propri appetiti è un atto più costoso delle regole che orientano la vita collettiva. La legge, gli strumenti di controllo e la sanzione possono pertanto costringere un individuo a elevare il livello dei propri comportamenti, fino al limite minimo necessario perché la società sopravviva. E questo un convincimento che Smith espone ripetutamente. Esemplare è il brano seguente: ” le regole di giustizia possono essere paragonate alle regole di grammatica; le regole delle altre virtù alle regole stabilite dai critici per il conseguimento di ciò che è sublime ed elegante nella creazione artistica. Le une sono precise, esatte e indispensabili. Le altre sono mal definite, vaghe, indeterminate. Un uomo può imparare a scrivere, con la più assoluta infallibilità, secondo le regole grammaticali. Ma non ci sono regole la cui osservanza ci possa infallibilmente condurre a conseguire l’eleganza e il sublime”. Non ci sono perciò regole attraverso cui garantirsi l’eccellenza dei comportamenti umani. Ci sono però norme con le quali si può imporre a ciascun individuo la correttezza. Il che è quanto basta per rendere possibile il “commercio sociale”.

Mises disse…

by his own works

Dal blog Mises disse che propone citazioni di autori della Scuola Austriaca di Economia, direttamente tratte dai loro testi.

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