
Coronavirus: il centralismo torna all’attacco
Eccomi qua, dopo qualche mese di assenza, a tornare a contribuire a questo nostro blog che vuole essere un avamposto di libertà nel regime del pensiero unico collettivista. Ho scelto questo particolare momento perché proprio ora, in questi giorni di confusione circa le nuove disposizioni del governo in materia sanitaria, si sta consumando l’ennesimo attacco al concetto di autonomia opposto al centralismo, in questo caso rappresentato (a dire il vero non in modo eccellente) dalle regioni. Proprio il DPCM di Conte (l’ennesimo e naturalmente incontestabile dpcm) non dimentica di porre dei paletti proprio alle regioni: dopo aver elencato infatti le nuove restrizioni il provvedimento vieta agli enti qualsiasi tipo di provvedimento in materia che non sia più restrittivo di quelli già messi in atto dal Governo. Sarebbe come a dire: “noi siamo socialisti, se voi volete fare i comunisti va bene, ma che non vi salti in mente di scoprirvi liberali”. Si tratta di una cosa drammatica naturalmente: molte volte anche da queste pagine ci siamo schierati dalla parte delle autonomie contro il centralismo, a favore della dispersione anche geografica del potere (che noi vorremmo sempre più vicino all’individuo) contro l’accentramento. Il coronavirus ci ha insegnato quanto velocemente la politica possa allargarsi, comprimere le nostre libertà e decidere in modo invasivo delle nostre vite. La tendenza (questa sì populista) che ha dominato sin dall’inizio dell’emergenza è stata quella di un continuo attacco alle autonomie regionali (nel mirino una regione che sì, avrà tanti difetti, ma che rimane un modello in Italia: la Lombardia) definite addirittura a volte come “responsabili” del disastro coronavirus. Si sono invertiti i fattori: la narrazione dominante ha indicato la sanità lombarda come responsabile delle migliaia di morti, e non il virus. Si è preferito sorvolare sul fatto che il virus non ha colore politico e non fa lotta di classe, e che se a essere colpita è stata una delle regioni più ricche e amministrata dalla destra si tratta di un fatto tragico e difficilmente evitabile e non di una punizione divina. Il virus, grande rivelazione, non è nemmeno centralista, anzi non ha proprio coscienza politica: il suo colpire non porta dietro un messaggio tipo “accentrate tutto a Roma, guai chi vota per l’autonomia”, e il disastro che ne è seguito è un evento tragico, non una “dimostrazione” di quanto sarebbe bello dipendere da Roma. Tutto questo, peraltro, in un contesto in cui l’autonomia regionale è minima e si assiste a un continuo furto da parte dello stato centrale di risorse che, se rimaste sul territorio, potevano davvero fare la differenza. Questo mio ragionamento in sintesi non vuole essere una difesa di Regione Lombardia, che probabilmente poteva e doveva affrontare meglio la questione, ma un appassionato attacco a chi cerca in ogni disgrazia un appiglio per giustificare e vivificare un centralismo romanocentrico e statalista che all’Italia, e lo vediamo, ha fatto solo del male. Un tentativo che continua anche oggi, con questo ultimo dpcm, nella totale mancanza di fiducia nei cittadini e negli amministratori a loro più vicini. Nel nome della sicurezza si sacrifica la libertà, nel nome della “responsabilità” si sacrifica la responsabilità stessa, deresponsabilizzando di fatto gli enti vicini ai territori togliendo loro ogni tipo di possibilità. La strada verso la libertà e verso l’autodeterminazione dell’individuo è lunga, ma parte proprio da battaglie come queste, a favore delle autonomie, un domani del federalismo, un domani delle indipendenze. Chi accentra, chi si pone sul piano superiore, chi sventola la bandiera delle “competenze” per zittire e reprimere ogni afflato di libertà, non può che esserci ostile, ed è nostro dovere di libertari guardarci bene da questo tipo di individui.
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