
Ampliamo la nostra platea con The Liberty Plus

Prendo lo spunto dal post sotto per ribadire il motivo per cui abbiamo creato The Liberty Plus; per fare arrivare la nostra voce a una platea più ampia.
Il fenomeno dello shadow ban è ormai endemico sui pricipali social network, succubi di una cultura liberal che domina l’informazione, i media e l’istruzione. E’ un modo per mettere a tacere le opinioni scomode e per condizionare e indirizzare lo spirito culturale che informa la nostra epoca.
In questa situazione, anche se sarebbe più facile, non possiamo smettere di fare sentire la nostra voce. La battaglia è prima di tutto culturale ed etica, e il modo per combatterla è quello di ampliare la nostra platea coordinando gli sforzi di comunicazione e usando i social network in modo più efficiente.
Le nostre pagine facebook che ci permettono di raggiungere poche centinaia di persone, quando non siamo censurati, non sono utili a questo scopo. Dobbiamo organizzarci in modo intelligente con uno strumento non censurabile che possa fare da repository ai nostri articoli e ai nostri video..
The Liberty Plus nasce per questo e invita tutte le voci libere a scrivere su questa testata e a diffonderne la sua conoscenza.
NON SONO IL SOLO
Ormai i miei post e quelli di chi, come me, dissente dalle narrazioni ufficiali sui temi più scottanti sono relegati in fondo alla bacheca di Facebook, per cui la platea che li legge è sempre più ridotta.
Tale fatto non mi scuote più di tanto, perché non ho mai ambito a diventare un cosiddetto influencer, ma resta grave perché indicativo di un atteggiamento da parte di qualcuno che ti permette di esprimerti togliendoti però il diritto di essere ascoltato e a chi legge la possibilità di ascoltare ed eventualmente considerare un altro punto di vista.
Si chiama Shadow ban, letteralmente censura ombra, un subdolo modo di silenziare l’opposizione.
Il brutto è che in effetti, con il tempo, si perde la voglia di scrivere su questo social, perché si ha la sensazione che sia inutile continuare ad urlare nel deserto.Stefano Burbi