
Collettivismo vs Privacy

Privacy e anonimato sono i peggiori nemici del collettivismo, ecco perché da più di 230 anni sono oggetto di continue aggressioni da parte del gruppo più collettivista di tutti: lo Stato Nazione.
Quello che segue è un estratto dall’ultimo numero della newsletter libertaria Privacy Chronicles, pubblicata su Substack da Matte Galt.
Cos’è il collettivismo?
Secondo Wikipedia, collettivismo è:
“un termine per indicare una visione di tipo morale, politica o sociale che enfatizza l’interdipendenza di ogni essere umano all’interno di un gruppo collettivo e la priorità delle finalità di gruppo sulle finalità individuali. I collettivisti si focalizzano sui concetti di comunità e società.”
In pratica, è uno schema morale (e solo poi, politico e sociale) caratterizzato dall’enfasi sulla coesione tra persone e sulla priorità degli obiettivi del gruppo rispetto al singolo.
Il collettivismo potrebbe essere sintetizzato come quella morale che impone la subordinazione dell’individuo al gruppo, dove il gruppo può essere una razza, una classe sociale, un genere, o perfino uno stato-nazione. Le azioni dell’individuo che fa parte del gruppo saranno pertanto ritenute tanto più virtuose quanto siano rivolte verso il bene del gruppo di appartenenza.
Collettivismo e altruismo
Per comprendere meglio la morale collettivista ci si può fare aiutare dal concetto di Altruismo. Wikipedia definisce l’Altruismo come:
“atteggiamento e il comportamento di chi ha la qualità (morale) di interessarsi al benessere dei propri simili”.
In realtà, la definizione che meglio, e più sinteticamente, descrive l’Altruismo è proprio quella originaria, di Auguste Comte: «vivere per gli altri».
Il collettivismo, fondato su morale altruista, spinge quindi le persone a rinunciare a vivere per sé, incentivandole a vivere per il bene del gruppo. E poiché lo Stato-nazione rappresenta un gruppo di persone, possiamo allora dire che il collettivismo statale incentiva (o obbliga) le persone a sacrificare se stesse e i propri interessi a beneficio dello Stato.
Più è grande il sacrificio, più l’individuo sarà moralmente elevato.
Il sacrificio originario: l’anonimato
Ma cosa deve sacrificare l’individuo in una società collettivista?
Non è detto che chiunque in una società collettivista debba sacrificarsi allo stesso modo e soprattutto non è detto che chiunque debba arrivare a sacrificare tutto. Prima di arrivare però al sacrificio finale, la vita, ci sono diversi atti di devozione che la collettività richiede ritualmente.
Il primo di tutti, e il più importante, è il sacrificio dell’anonimato. Diversamente da quello che potreste pensare, non è una storia nuova. Anzi, è vecchia quanto lo Stato-nazione. Tutto — e intendo proprio tutto — iniziò con la Rivoluzione Francese. O forse, dovrei dire che finì con la Rivoluzione Francese. È con questa che nacque formalmente l’idea di Stato-nazione che conosciamo oggi (no amici statalisti, mi spiace ma lo Stato non è sempre esistito).
È con la Rivoluzione che si trasformò anche l’idea di cittadino, che divenne un vero e proprio status identitario, in quanto parte integrante di quel gruppo chiamato Stato. E così, videro la luce anche i primi registri anagrafici di Stato.
L’anagrafe civile fu il momento in cui il neonato Stato-nazione chiese il primo sacrificio agli individui, ora divenuti cittadini: la loro identità e il loro anonimato. L’idea si propagò velocemente in Europa e nel mondo come un virus. Oggi, a distanza di 231 anni, l’idea di questo piccolo, ma necessario, sacrificio è così radicata nella popolazione che sarebbe estremamente strano non farlo. D’altronde, il sistema stesso è progettato per escludere e discriminare chiunque non sia previamente schedato alla nascita.
I registri anagrafici civili furono il mezzo per operare in modo efficiente una prima, immediata discriminazione: tra cittadini e non-cittadini (stranieri). Lo Stato doveva poter distinguere facilmente tra cittadini e stranieri, per identificare coloro a cui poter chiedere ulteriori sacrifici per il bene comune — per il bene dello Stato.
È con questo primo peccato originale che ognuno di noi, subito dopo la nascita, perde il suo status di persona libera e autonoma per acquisire quello di cittadino.
(L’articolo è disponibile per intero solo agli abbonati a Privacy Chronicles)
Qui trovate anche una intervista a Matte Galt, fatta da Francesco Carbone, per il suo podcast Il Truffone.
P.S. Personalmente sono abbonato e ritengo di avere speso molto bene i miei soldi.