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Così parlò Zaiathustra

Dalla scatola del gatto, quella relativistica, dove non si sa se è vivo o se è morto, esce una vocina, un po’ impastata. Esce ha una fessura del cartone.

“Cari fioi, cari tuti
Sapete cossa ve digo? 
Che non posso stare dietro a dei boce. Siete come dei bambini e io non ho tempo.
Io sono dietro occuparmi del prosecco e di tante altre cose.
Non posso occuparmi della vostra salute. La salute è vostra, mica mia, di voialtri.
Io mi occupo di ospedali, non di salute.
Della vostra salute dovete occuparvene voialtri.
Se vi ammalate io vi curo in ospedale, finché c’è posto. Quando non ce n’è più cosa volete che ci faccia? Niente.
Se volete vi faccio altri ospedali. Li pagate e io li faccio. 
Ma alla salute, òstrega, pensateci voialtri. Io non posso fare la guardia ai bambini. Ho il prosecco e tante altre cose da fare.
Vi dico solo di non fare i mona, che poi non venite da me quando finiscono i posti. Vedete di arrangiarvi e di fare i bravi.
E con questo vi auguro anche un buon Natale e un bel brindisi, di prosecco me racomando”

La scatola vibra di elettricità, ronza e manda scariche, finché non si dissolve tra scintille ed effluvi di brillantina

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