
Intervento di Mustacciuoli al Congresso del Movimento Libertario
Assemblea del movimento libertario. Cimadolmo, 24 settembre 2022.
Relazione di Aurelio Mustacciuoli
Due anni fa ho scritto un libro, “La Teoria della Forza Guardiana”, voleva essere una riflessione su come uscire dalla degenerazione statalista della nostra democrazia. Rothbard ha detto che il libertarismo è una filosofia alla ricerca di una politica, ecco, nella mia idea, la Forza Guardiana era quella politica, una forza popolare che contrastasse sempre la continua richiesta di più stato, che si traduce sempre in più spesa pubblica, più restrizioni di libertà e più esproprio di proprietà.
Poi però c’è stata l’esperienza terrificante di questi ultimi due anni, che hanno fatto toccare con mano a tutti noi quanto fossero forti e profondamente radicate nel nostro paese le pulsioni autoritarie, liberticide, stataliste e collettiviste. Molto peggio di quanto si potesse immaginare. Questo mi ha portato riconsiderare il mio progetto di vita e in parte le mie convinzioni in un modo che oggi voglio condividere con voi. Le conclusioni alle quali sono giunto si possono sintetizzare in quattro punti.
1. Non ci si può sottrarre alla lotta politica.
C’è un corposo numero di libertari che ritiene che la degenerazione della democrazia italiana in senso statalista sia inarrestabile e che pertanto esista solo una “soluzione individuale” . Questa dovrebbe concretizzarsi nel minimizzare i rapporti con lo stato e gli statalisti e concentrarsi unicamente a creare risorse individuali per sé e per la propria famiglia e a proteggerle dalla rapacità statale. Creare risorse e proteggerle è senz’altro una buona strategia, tuttavia, non può essere considerata una vera “soluzione”. Perché?
Perché ciò ci costringerebbe all’isolamento, o addirittura all’esilio, e a limitare i rapporti con la maggior parte di conoscenti e parenti. Perché non occuparsi dello stato non farà sì che lo stato non si occupi di noi, e saremo costretti ad una logorante e frustrante guerra di trincea. Perché non opporsi alla cultura statalista farà sì che essa si rafforzi e diventi dominante corrompendo i nostri figli.
Ma soprattutto perché noi non veniamo dal nulla, le nostre radici e il nostro lascito è ciò che da un senso alla nostra vita. Insomma penso che si debba lottare per salvaguardare il nostro benessere complessivo e ciò richiede di concentrarsi sull’obiettivo più urgente, ridimensionare lo stato o quanto meno indebolirlo.
2. Il liberalismo ha fallito.
I liberali si sono illusi che lo stato potesse essere tenuto al guinzaglio e che lo “stato minimo” fosse un obiettivo perseguibile. Oggi la progressiva esasperata statalizzazione di tutte le democrazie moderne sta a testimoniare il totale fallimento di questa ideologia politica. Lo stato non si può contenere, è una macchina che alimenta se stessa, un piano inclinato verso il socialismo e il totalitarismo.
Guardando al nostro paese, poi, non si vedono in campo ideali liberali e nemmeno conservatori, si vedono solo partiti statalisti che portano avanti politiche centraliste, dirigiste e populiste e che perseguono il rafforzamento di una europa intesa come “democrazia globale”. I loro leader vogliono promuovere un nuovo ordine globale ma, nei fatti, sono gli sterminatori del ceto medio e delle libertà individuali.
Se non ci sono liberali, non ha senso quindi perseguire qualunque velleità di nuovi partiti liberali che oltre che essere come gli altri, sono anche irrilevanti numericamente.
3. Il libertarismo è stato frainteso.
Il libertarismo avrebbe dovuto costituire l’anima del liberalismo, invece è stato da molti visto come una scienza politica che potesse dar forma un partito politico. Ma è molto difficile costruire un partito libertario, perché il libertarismo non è una scienza politica, ma un’etica sociale. In particolare un’etica che crede esistano valori non negoziabili, come la proprietà del proprio corpo, la proprietà privata, il libero mercato, la libertà di espressione, il divieto di aggredire. Valori che abbiamo visto crollare miseramente sotto la presunta eccezionalità, prima della pandemia, ora della guerra, domani della crisi energetica ed economica. Valori, però, che se non vengono affermati in modo radicale, evaporano.
Vorrei ricordare le parole oggi attualissime di M. Rothbard che nell’Etica della Libertà scrive: “lo scienziato politico contemporaneo crede di poter evitare la necessità dei giudizi morali e di poter contribuire a dar forma alla politica pubblica, senza impegnarsi in alcuna posizione etica definita. E tuttavia, ogni volta che viene avanzata una qualsiasi proposta politica, per quanto ristretta o limitata, allo stesso tempo, volenti o nolenti, si pone un giudizio etico più o meno valido. La differenza tra lo scienziato politico e il filosofo politico è che le valutazioni morali dello scienziato sono nascoste e implicite, (…) e quindi è più probabile che siano incoerenti. (….). Al fine di costruire una politica pubblica, pertanto, si deve costruire un sistema di etica sociale o politica. Nei secoli passati, questo era il compito decisivo della filosofia politica. Ma nel mondo contemporaneo, la teoria politica, nel nome di una scienza spuria, ha bandito la filosofia morale e si è resa sterile come guida per l’uomo che si interroga”.
Ecco, oggi nessun partito politico costruisce una politica pubblica basandosi su un sistema di etica sociale libertaria, e i risultati, totalmente incoerenti e spesso “ingiusti”, sono chiaramente visibili a tutti.
Non so se un giorno ci saranno le condizioni per un libertarismo politico che si esprima attraverso una forza guardiana, tuttavia oggi è sempre più indispensabile che l’etica della libertà di Rothbard inizi a soffiare come fosse aria fresca nella società e nella politica, per spazzare via l’aria viziata dalle idee collettiviste e socialiste che nullificano l’individuo. Senza di essa tutti i partiti politici sono sovrapponibili e tutti non fanno altro che promuovere una socialdemocrazia a diversa intensità di rosso.
4. La democrazia è come la fisica quantistica, funziona solo in scala ridotta.
Le democrazie si sono affermate come forme statuali dominanti. E tuttavia è un fatto che più una democrazia è territorialmente estesa, più è destinata a fallire.
Così come una stella che oltre una certa massa è destinata a collassare in un buco nero, così una democrazia più è grande, più non riesce a far operare con efficacia quelle che Calhoun chiama le ”maggioranze concorrenti”, che dovrebbero porre un veto alla dittatura della maggioranza. Purtroppo la grandezza e la globalità sono gli obiettivi degli stati democratici che non esitano a ricorrere alla violenza per stroncare qualunque desiderio di autodeterminazione dei popoli. Stati, protetti e perpetuati dalle loro Costituzioni spacciate per “contratto sociale”; un contratto nullo, perché privo della clausola più importante, quella di recesso.
Al contrario, piccole unità di governo democratico, non solo consentirebbero con più facilità di “votare con i piedi” ma riuscirebbero meglio delle grandi a mantenere quel contatto tra governante e governato che riduce il rischio di derive stataliste.
Alla luce di queste convinzioni ho deciso di sporcarmi le mani e esorto tutti gli amici libertari a farlo. Non è il momento di isolarsi, voi siete le persone migliori che io conosca per costruire una società più giusta e in questa situazione di profonda crisi economica e di valori, è un dovere morale che le persone migliori non si ritirino per lasciare il campo libero alle persone peggiori.
Ogni cambiamento nasce da azioni individuali. Io non posso suggerirvi cosa fare ma posso dirvi cosa sto facendo io.
Innanzitutto ho scelto di andare a vivere dove sono le mie radici, un territorio di piccole dimensioni che amo profondamente, Pantelleria. Ovviamente abbandonare Milano dopo 25 anni e lasciare il mio lavoro per andare a vivere in un’isola di frontiera nell’estremo sud, in mezzo al canale di Sicilia, più vicina all’Africa che alle coste siciliane non è stato solo rose e fiori, ma finora non me ne sono pentito. Pantelleria è un’isola dalla grande bellezza che è diventata come il resto del paese, ostaggio dell’avanzata statalista. Oggi lo stato ha sottratto proprietà e autonomia ai panteschi che vivono di un’economia parassitaria e di sussistenza. Il reddito di cittadinanza ha distrutto il lavoro, una politica energetica piena di vincoli imposti da decine di enti statali e regionali ha determinato una totale dipendenza da combustibili fossili, in un’isola ricchissima di fonti energetiche rinnovabili che le assicurerebbero piena autonomia.
L’agricoltura, che costituiva l’essenza dell’identità pantesca è stata distrutta. Il turismo non è stato adeguatamente sviluppato e oggi è una risorsa per pochi e mal sfruttato. L’industria é totalmente assente, anche quella ittica, che invece è una risorsa per la vicina Lampedusa.
Ma questo piccolo territorio ha un grande potenziale, una storia di lavoro millenaria ha strappato alla pietra vulcanica 5200 ettari di terra coltivata su ottomila totali, un metro alla volta, costruendo terrazze delimitate da muretti a secco che oggi sono patrimonio dell’umanità e totalizzano più di 12000 chilometri di lunghezza. Negli anni sessanta si producevano 300.000 quintali di uva l’anno, oggi gli ettari coltivati sono meno di 400 e la produzione si è ridotta del 90%. La mentalità statalista sta trasformando l’isola in una pietra arida in una teca di cristallo e i panteschi in sussidiati senza diritti.
In questo contesto ho deciso quindi di creare una lista civica e candidarmi come sindaco di Pantelleria per provare a governare il mio territorio promuovendo la massima autonomia possibile dalle istituzioni centrali e per offrire una prospettiva di sviluppo economico sostenibile, per tornare ad avere una collettività che produca tanto valore quanti sono i costi dei servizi che utilizza, come era un tempo. Consapevole che condizione necessaria (ma non sufficiente) per far arretrare lo stato è essere in condizione di fare a meno dei suoi sussidi.
In questo sforzo è auspicabile che un’etica libertaria possa informare i componenti di questa lista civica, ma dovrò rinunciare a considerarla come condizione escludente. Perché per sottrarre allo stato potere sul territorio si deve prima conquistare il potere amministrativo locale e per farlo serve un consenso popolare che oggi non può essere raggiunto intorno a un’etica libertaria che è assente nella società. Il consenso si dovrà costruire intorno agli uomini e ai programmi, non alle ideologie politiche.
Questo nella dimensione locale; c’è poi una seconda attività dove intendo impegnarmi, e questa riguarda una scala più ampia. Mi spiego. Se infatti nel piccolo del proprio territorio si può, forse, ottenere un risultato immediato ricercando lo sviluppo e l’indipendenza economica e indebolendo lo stato attraverso il rafforzamento di autonomie locali, nel macro non ci sono scorciatoie e si deve necessariamente lavorare su un orizzonte temporale più lungo promuovendo prima il necessario cambiamento culturale.
Questa è una precondizione per realizzare la strategia fusionista proposta da don Beniamino DiMartino nel suo saggio “Per un libertarismo vincente”, strategia che si concretizza nella creazione di correnti libertarie all’interno di partiti di grandi dimensioni, i soli che hanno la possibilità di incidere a livello di governo o di opposizione.
Qui al contrario dell’approccio micro non contano gli uomini, conta solo una granitica etica libertaria e una solida preparazione economica austriaca che crei le premesse culturali affinché vengano rimossi due tabù della politica:
A) la riduzione della Spesa Pubblica, che vuol dire la riduzione dei poteri dello stato.
B) la riforma dell’assetto istituzionale, ovvero il superamento del limite Costituzionale imposto dall’articolo 5 che impedisce la secessione dei territori.
A tal fine intendo trasformare il progetto di Forza Guardiana nella creazione dell’ associazione “Italian Civil Liberties Union” per promuovere questo cambiamento culturale dentro i partiti e la società civile. Una associazione che difenda senza compromessi i diritti naturali sotto attacco, che vigili, come un guardiano appunto, per evitare che la politica possa continuare a limitare e sospendere le nostre libertà, che diffonda i principi economici della scuola austriaca e ne promuova l’applicazione nella politica.
Auspico che questo progetto possa nascere e crescere all’interno del movimento libertario con il contributo di molti di voi.
Ringrazio tutti voi per l’attenzione.
Viva la libertà.
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