
Il belpaese

di Alessandro Prignacchi
Parto con delle banalità scontate, che in realtà non sono poi così scontate.
La penisola italica è il luogo migliore in cui vivere, tutto è relativamente vicino, mari, laghi, montagne, luoghi ineguagliabili per la loro bellezza. Il patrimonio artistico è inarrivabile, la nostra cultura del cibo, del vino, dei motori, dello stile, del buon vivere e il riconoscere istintivamente il bello dal brutto; non trovate nulla di tutto questo altrove, non se lo possono nemmeno immaginare, non lo sanno, non sanno cosa voglia dire nascere in un posto ricco del “tutto assoluto” come il nostro, non possono nemmeno capirlo, figuriamoci sognarlo.
Persino il clima è favorevole alla biodiversità e all’abbondanza.
Non è un caso se siamo il popolo più longevo del pianeta nonostante una sanità pessima, noi abbiamo cura di noi stessi, della nostra immagine e pure del nostro io interiore.
Per non parlare della nostra capacità intrinseca di fare impresa, di emergere, di elevarci al di sopra di qualunque altro standard esistente, siamo fortssimii in qualunque settore, dal primario al terziario, dall’agricoltura alla moda passando dall’ingegneria avanzata.
Dal necessario all’effimero.
Eppure arranchiamo, quando abbiamo tutto per poter volare, senza manco troppo sforzo.
Arranchiamo perché una larga parte della popolazione ha deciso di approfittare della propria intelligenza, del proprio sapere per depredare il prossimo in forza di legge.
Così molti, ora i più, hanno creduto fosse giusto tassare gli altri, farsi mantenere dagli altri, far lavorare gli altri, per godere di tutto quel ben di Dio di cui sopra, “aggratis”.
Abbiamo dilapidato il nostro vantaggio mentre il resto del mondo barbaro avanzava.
La forza della nostra consapevolezza umanista è divenuto anche il nostro limite, altrove pensano seguendo modelli matematici, così ad esempio la discriminante per giudicare positivamente un’opera o una costruzione, diviene la dimensione o la sua eccentricità, a noi non passa giustamente manco per il cervello, ma questo è divenuto pure il nostro limite, temiamo il nuovo, il cambiamento.
Finiamo per arenarci sulle pastoie burocratiche e affondare in sabbie mobili dietrologiche (le famose seghe mentali, per intenderci), anziché concretizzare nuove idee vincenti ma che temiamo possano minare la nostra confort zone mentale.
Nonostante siamo Principi del risparmio privato, in questi anni abbiamo sperperato molto del potenziale del nostro “sistema paese”, e non solo in termini economici, quello è recuperabile, ma abbiamo sperperato il patrimonio morale, la dedizione al sacrificio, la comprensione che i doveri vengano prima dei diritti, in un’orgia crescente socialista e parassitaria, dove tutti volevano stare dietro per fottere chi gli stava davanti.
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