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LA DEMOCRAZIA E L’INFORMAZIONE CHE MANCANO

Se la democrazia si regge sulla libera informazione, sulla libertà di parola, sul confronto che questa consente, e sulla discussione pubblica che ne scaturisce, dobbiamo effettivamente riconoscere che la democrazia in Italia è sparita.

Tutti i mezzi di informazione principali, chi più chi meno, si sono allineati in una linea filogovernativa, spesso molto più realista del re, in questi mesi di lockdown.

Abbiamo persino avuto i grandi intellettuali antifascisti di sinistra, che avevano visto un pericolo democratico in Berlusconi, nella Lega, in Monti, in Renzi, e che in pratica da decenni vivevano in uno stato di perenne allerta annunciando l’imminente sovvertimento delle nostre istituzioni democratiche, che si sono messi l’animo in pace firmando un appello per lasciare che la democrazia finalmente se ne andasse davvero, ma pacatamente e serenamente, senza proteste.

Ogni giorno radio, televisioni e carta stampata, hanno martellato il pubblico con toni allarmistici, usando i numeri e le parole in modo disinibito. Ad esempio quando si è parlato del Brasile o degli USA si è stati sempre attenti a farlo usando i numeri dei decessi assoluti e non quelli per milione di abitanti: i primi mettevano Brasile e USA ai primi posti, i secondi dopo Belgio, Inghilterra, Spagna, Italia, Perù, Svezia e Cile.

Dal momento che Trump e Bolsonaro sono stati scettici sul lockdown (ma solo il secondo fino in fondo), e che nel racconto mediatico main stream entrambi erano già due noti super cattivi, è venuto naturale additare USA e Brasile come i due esempi da non seguire, e farne un monito per tutti gli altri.

Peccato che il paese che ha fatto peggio al mondo sia stato il Belgio, che ha seguito tutte le procedure accreditate: mascherine, lockdown, quarantene, controlli e multe. E infatti la storia del Belgio non ha avuto un’oncia dell’attenzione data a quella di USA e Brasile.

Così, gli stessi che ieri criticavano l’allarmismo delle destre accusandole di fare una “politica della paura”, oggi sono passati a promuovere il più irrazionale terrore mediatico filo governativo. Gli stessi che difendevano la democrazia da Forza Italia, lamentando che il conflitto d’interessi di Berlusconi sbilanciava i pesi e i contrappesi della nostra democrazia, hanno approvato che tutti i principali media italiani parlassero con una sola voce, filo governativa.

Le posizioni critiche sono state azzerate (qualcuno ha più visto Agamben scrivere sul Manifesto dopo aver criticato lo stato d’emergenza?) e chi avanzava dubbi è stato bollato di “negazionismo”. Scelta sobria: dopo tutto perché non paragonare avanzare un dubbio sui decreti di Conte a negare l’Olocausto?

Ma non erano forse un branco di pazzi terrapiattisti quelli che protestavano contro le misure del governo, lo stato d’emergenza, i lockdown, le quarantene? Long story short: no.

Non metto in dubbio che ci sia stata una certa quota di pazzoidi a protestare contro il lockdown. Infatti i media italiani gli hanno dato ampio risalto, mentre ignoravano la maggioranza di persone qualificate, serie, preparate, titolate che avanzava critiche fondate e sensate.

I media italiani si sono dimenticati di rilevare che l’OMS nelle linee guida del 2019 per le infezioni di tipo influenzale – che includono i coronavirus – si esprimeva contro le quarantene delle persone esposte, e non prendeva nemmeno in considerazione una quarantena generalizzata dell’intera popolazione.

Si sono dimenticati di citare una moltitudine di voci autorevoli che hanno messo in discussione i diversi aspetti delle strategie adottate. L’ultima di cui non si sta parlando è Sunetra Gupta. Ma ci sono molti altri esempi.

Si sono dimenticati di raccontare che in Danimarca hanno affrontato l’emergenza tranquillamente senza maschere.

D’altronde è uscita a giugno una prima ben documentata contro inchiesta sul Coronavirus, che ha preso in considerazione una pluralità di prospettive diverse, e sembrerebbe una notizia, ma quasi nessuno ha avuto la curiosità di prenderla in considerazione.

Quando si sono ricordati della Svezia lo hanno fatto per dare notizie false, come quella che nonostante non abbia fatto il lockdown, la sua economia sia crollata come le altre. Quando è vero il contrario.

Non è che non ci sia stata e non sia in atto una discussione nel mondo scientifico sulla validità delle misure prese, la discussione c’è, ma i media main stream la ignorano, o la bollano come negazionismo, o la riportano in modo distorto.

La discussione scientifica poi non è tutto. Le conseguenze economiche e sociali del lockdown sono severe e si riveleranno a breve ancora peggiori di quel che vediamo al momento. I media non ci hanno preparato a quello che verrà. Perché chiunque ne abbia parlato è stato liquidato come qualcuno che mette “i soldi davanti alle vite umane”. Ma ovviamente la distruzione dell’economia, la disoccupazione, i fallimenti, l’impoverimento comportano anch’essi un costo in vite umane.

Ecco perché avendo assistito a tutto questo non posso che pensare che i grandi, pachidermici, media tradizionali, quelli di Stato e quelli privati –  ma comunque in Italia legati a doppia mandata alla politica – ci abbiano tradito. Così come gli intellettuali, i costituzionalisti, i maitre a penser, insomma “i chierici” come li chiamava Julien Benda.

Il nostro sistema istituzionale, la nostra democrazia, la nostra Costituzione, la nostra politica, la nostra classe intellettuale, per un motivo o per l’altro sono venuti meno.

Ma probabilmente erano già così e il coronavirus è stato semplicemente un momento di verità, che lo ha reso evidente. E allora il rinnovamento, deve venire da altrove, dal basso, o comunque da fuori gli ambienti istituzionali dell’informazione, della cultura e della politica, che hanno prodotto questo disastro.

È cosa buona e giusta allora che media alternativi, imprenditoriali, innovativi e indipendenti prendano piede, e mi piace pensare che come in una famosa vignetta, tanti pesci piccoli possano divorare un pesce grosso.

E quindi non posso che essere felice della nascita di Lib+ dell’amico Aurelio Mustacciuoli. Dove sono la democrazie e l’informazione che mancano? Spero che un pezzetto possa essere proprio qui.

I PERICOLI DELLA LOTTA ALLA DISINFORMAZIONE

Quando sentite dire che la disinformazione è un pericolo per la democrazia pensate a questo: che spesso la fanno le istituzioni, i principali partiti, i media mainstream.

Con il Russiagate è andata proprio così: le informazioni false del Dossier Steele, quelle su Alpha Bank, le scorrettezze nelle richieste FISA e tutto il resto sono stati opera congiunta in vario modo dell’opera della Campagna Clinton, dell’FBI, dei media mainstream, del Partito Democratico, etc..

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SEGNALAZIONI – 18/05/2023

Section 230: la corte la lascia intoccata

“Internet non ha ucciso i libri, li ha resi più forti” dice Valerio Bassan parla del rapporto tra libri e tecnologia.
Internet Archive rischia di scomparire (e con lui un pezzo di Rete) di Laura Carrer su Guerre di Rete
In Turchia Twitter sta bloccando le notizie sulle elezioni
Il circuito dei festival di cinema
La censura di libri e documenti sui fatti di piazza Tienanmen

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Pietro Agriesti

Coordinatore sezione Attualità

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