
L’analfabetismo culturale è colpa della sinistra

L’ultimo caso è la mascherina all’aperto: se la nozione-base medica contro il contagio universalmente condivisa è il distanziamento, il rapporto causa-effetto nell’uso esterno del mezzo è chiaramente inesistente.
Ma moltissime persone, anche munite di titoli di studio in materie scientifiche, la ritengono inspiegabilmente utile e obbediscono docilmente agli ordini dell’autorità (…?)
Tutto ciò è sintomo di un diffuso analfabetismo funzionale, ossia di “incapacità di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana; si traduce quindi in pratica nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni incontrabili nell’attuale società” (Wikipedia).
Se per una stupidaggine come l’inutilità open space della mascherina si registra questa incapacità di comprensione, figurarsi per concetti un po’ più articolati (ma sempre alla portata teorica dell’uomo comune) come ad es., in economia, il PIL o il Recovery Fund o la flat tax, ecc. Persone che discutono anche furiosamente di concetti che non conoscono e irridono chi li contraddica. E che alle elezioni votano, purtroppo …
Come siamo arrivati a questo punto? È la cronaca di una morte annunciata. Il Sessantotto è stato devastante per il merito e la cultura, e ne subiamo ancora le conseguenze a distanza di oltre mezzo secolo.
Come al solito, un evento di rottura (necessaria) è stato strumentalizzato da chi non era più autorevole – per la forza dei contenuti proposti per il cambiamento – ma solo più autoritario, volendo imporre il suo punto di vista con la violenza, fisica o psicologica (secondo la logica del branco).
Niente di nuovo, era già successo nella Francia di fine XVIII secolo, quando la illuminata rivoluzione borghese fu messa brutalmente da parte da quella popolare.
Gli autoritari Sessantottini che andarono al Governo distrussero la scuola e le Università, con la folle idea del 6 e del 18 “politico”.
E successivamente la sciagurata riforma universitaria del 3+2 varata dall’altro Berlinguer completò l’opera di devastazione della cultura.
Oggi, tranne lodevoli eccezioni ( si dice sempre così, ma al momento non me ne viene in mente una) l’Università sforna ragazzi omologati, che non sanno cosa sia – e quanto importante sia – il pensiero critico. Senza critica (costruttiva) non c’è progresso, ma solo sterile culto della disciplina e dipendenza psicologica dal potere esistente, di cui mai si mette in discussione la liceità.
Ed è un circolo vizioso: meno resistenza del cittadino trova, più il politico autoritario si esalta. Così nascono le ordinanze degli sceriffi locali che limitano diritti inviolabili dei cittadini garantiti dalla Costituzione e dalle norme internazionali. Fino a che un giudice degno di questo nome non le annulli. Ma sta diventando sempre più faticoso restare liberi.
Morale della favola: i ragazzi devono realizzare che le sanguinose lotte per la libertà di cui leggono svogliatamente sui libri di Storia furono reali, non virtuali; che ogni generazione ha la libertà che si merita; e che c’è sempre qualcuno che cerca di toglierla agli altri con le scuse più varie, sempre legate – ovviamente – al “bene comune”…
P.S. Poi ci sono i trasgressori silenti, di cui l’Italia individualista è piena. Ciò che non accetto del loro atteggiamento non è la trasgressione – perché le norme inique non vanno osservate – ma il silenzio codardo, che indebolisce i coraggiosi che manifestano apertamente il loro dissenso.
Luca Maria Blasi
Editoriali
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