
Perché lascio il movimento libertario di don Beniamino Di Martino

In discussione non sono i principi su cui si fonda il pensiero libertario (per me riconosciuto nella linea giusnaturalista di Rothbard), ma la traduzione politica ed elettorale del libertarismo. Ciò che va definita è, quindi, la migliore strategia che possa unire i principi più radicali con il realistico compimento del “bene possibile”.
Il punto è che chi propugna un rigorismo operativo, rifiutando la cooperazione con le posizioni intermedie, finisce con l’avvantaggiare (magari indirettamente e sicuramente involontariamente) il distruttivismo di Sinistra (socialista, welfarista, progressista). Da qui il disagio a partecipare alle iniziative di persone di cui si condividono certamente i principi, ma alle quali si obietta una politica nociva perché irrealistica e, perciò, suicida. E da qui la decisione di allontanarmi dal Movimento Libertario Italiano e di farlo in modo pubblico per sottolineare l’esistenza di una differente operatività politica che, senza rinunciare in nulla ai principi, sappia sempre mantenersi realista, gradualista, anti-perfettista e fusionista.
Sono questi i criteri da me suggeriti nel libretto “Per un libertarismo vincente” che intesi scrivere per mantenere fede ad una promessa e, così, offrire il mio contributo nella ricerca della modalità con cui dare maggiore peso politico alle idee libertarie.
Da un lato, ritengo di non poter professare pensieri diversi da quanto indicato in quelle pagine; dall’altro lato, capisco che i criteri lì esposti siano divergenti dagli orientamenti prevalenti tra i libertari italiani. Se, però, la linea che sembra maggioritaria ha, di fatto, sconfessato le tesi contenute in “Per un libertarismo vincente” non per questo, realismo, gradualismo e fusionismo non possono manifestarsi come la strada idonea, tanto teoricamente quanto operativamente.
Perciò penso sia opportuno rendere nota questa dissociazione in forza del dovere sia a segnalare gli errori che si stanno commettendo sia i rischi a questi errori connessi. La mia separazione non solo si rende utile per dimostrare che non tutti i libertari sono contro il voto o contro le soluzioni medie o contro le alleanze politiche possibili, ma si rende necessaria anche per provare, attraverso forme di collegamenti elettorali, a dare peso e spazio alle richieste libertarie dentro gli scenari politici attuali.
Questo esperimento è avviato con la costituzione di una pagina Facebook che, non a caso, prende per titolo “Libertarismo vincente” e per sottotitolo “Libertari al voto”. Il proposito è di discutere intorno alle scelte elettorali (ad iniziare dall’imprescindibile sostegno a Trump) e cercare convergenze operative tra libertari, conservatori, liberali e tradizionalisti per dare, grazie alle forme di unità che potranno realizzarsi, forza e peso alle ragioni della Verità sull’uomo iscritta nella promozione della libertà individuale.
don Beniamino Di Martino
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Don Beniamino prende una posizione netta, uscendo dal Movimento libertario.
Come nel libro si propongono scelte politiche che nella mia recensione (qui https://stroncature.substack.com/p/per-un-libertarismo-vincente-strategie) giudico miserelle (il Capataz, in sostanza), anche l’appoggio a Donaldo mi pare misero teoricamente.
Ma il tema del bene possibile, del fusionismo e della partecipazione alla vita politica sono importanti, pena l’irrilevanza e l’ululare alla luna, il vizio italiano della lagna perpetua e del “piove, governo ladro”.
Alcuni punti a mio avviso fondamentali:
1) Il gradualismo può essere accettato se funzione e solo se è necessario. Quando da metodo diventa obiettivo si finisce per rinunciare all’obiettivo vero.
2) Tra i metodi ci può stare anche la partecipazione al voto ma gli alleati che vengono proposti sono solo rappresentanti di un socialismo di marca nazionalista invece che globalista come quello degli altri. Non si capisce cosa concederebbero ai libertari in caso di alleanza elettorale. Nulla sull’antiproibizionismo, nulla sulla riduzione della spesa pubblica, nulla sulle privatizzazioni, nulla sull’abolizione degli ordini professionali, nulla sulla libertà monetaria. Tanto vale tenersi i socialisti ufficiali, almeno si vive coerentemente la possibilità di essere all’opposizione. Se si ritiene che i socialisti siano più pericolosi per la riduzione delle libertà personali, è opportuno rammentare che gli amministratori locali del cosiddetto altro fronte hanno spesso anticipato le misure liberticide poi assunte dall’esecutivo nazionale in apparenza destinate ai contenimenti delle diffusioni virali. E dopo che il governo ha emanato i suoi provvedimenti, c’è stata una gara a chi li restringeva ancora di più.
3) Trump è per il protezionismo e per i dazi doganali. Sarà anche il male minore rispetto al guerrafondaio avversario ma proposte presidenziali del Libertarian Party non mancano. Anche lì, con le dovute differenze, occorrerebbe approfondire meglio le questioni di opportunità. Perché se i repubblicani candidassero Ron Paul, si potrebbe anche chiedere ai libertari di rinunciare alla propria candidatura. In caso contrario ci si dovrebbe interrogare su cosa concederebbero i repubblicani ai libertari sotto l’aspetto programmatico. L’antiproibizionismo, forse? Sarebbe già qualcosa, anche perché significherebbe minore criminalità e minore spesa pubblica. Oltre che meno omicidi e meno pericoli per gli addetti alle forze di polizia.