
RAPPORTO DURHAM – L’ARTICOLO MIGLIORE E QUELLO PEGGIORE

Leggendo gli articoli usciti sul rapporto Durham (in Italia) e facendone una rassegna stampa mi sono divertito a provare a scegliere il migliore e il peggiore.
IL MENO CONVINCENTE
Come mai?
Mentre tutti scrivono che il Rapporto Durham afferma che l’FBI non doveva aprire l’inchiesta su Trump, il Post va contro corrente e scrive invece che il Report affermerebbe che alla fine l’indagine era giustificata e dati gli indizi disponibili era giusto aprirla e portarla avanti.
Ma semplicemente il Report non dice quanto vuol fargli dire Il Post. L’FBI può aprire indagini di diverso tipo. Il report dice che gli indizi giustificavano l’apertura di una indagine preliminare. Ma l’indagine preliminare non è stata fatta. Invece fu aperta un’indagine completa per cui non c’erano gli elementi, e la sezione del Report dedicata all’apertura dell’indagine è durissima.
In realtà poi ci sono molti altri punti gravi sollevati da Durham, che Il Post minimizza o mal rappresenta.
Il punto generale è che il Post fallisce nel riconoscere, scrivendo che questo rapporto contiene “molto poco”, quello che è oggettivamente documentato nell’indagine di Durham. Cioè che l’FBI ha di fatto giocato contro Trump favorendo e proteggendo Clinton. È chiaro che così facendo ha indebitamente influenzato le elezioni e la vita politica americana (e non solo americana) successiva col suo comportamento. Se fossi Trump o un elettore di Trump sarei incazzato a bestia e ne avrei ogni ragione. Mentre Il Post si concentra sul sostenere come questo Report minerebbe le basi delle recriminazioni di Trump. Quello del Post mi sembra insomma un articolo lunare e anche con delle affermazioni scorrette.
Infine mi lascia scettico anche che Il Post prenda per buona e assodata la riforma dell’FBI, che ha prontamente dichiarato di essersi già riformato, e che adesso tutto funziona perfettamente.
Un giornale serio non può avere questo atteggiamento ingenuamente condiscendente verso le agenzie di intelligence, considerando gli scandali, le menzogne e gli abusi in cui sono regolarmente coinvolte.
Alle elezioni successive quando è uscito lo scandalo Hunter Biden con l’inchiesta del New York Post, 51 ex membri dell’intelligence, tra cui alcuni coinvolti nel Russiagate, hanno scritto una lettera che accusava l’inchiesta di essere una operazione di disinformazione russa, dicendo “non abbiamo le prove ma ne riconosciamo i segni”, ma la cosa si è rivelata falsa. Anche in quell’occasione la stampa liberal, come è Il Post, ha ripreso quella lettera acriticamente e anzi l’ha trasformata nella prova certa che fosse disinformazione. Biden l’ha pure citata in un dibattito per liquidare l’inchiesta. Questo non mi fa ben sperare né per quanto riguarda la comunità di intelligence e le sue autoriforme, né per quanto riguarda l’atteggiamento della stampa verso di essa.

IL PIÙ CONVINCENTE
..è quello di Federico Punzi su Atlantico Quotidiano.
Come mai?
Atlantico Quotidiano si è regolarmente distinto tra i giornali italiani per aver seguito con più attenzione le vicende del Russiagate, dello scandalo Hunter Biden e dei Twitter Files, mentre l’atteggiamento generale è stato ignorarli o liquidarli. E anche in questo caso ha fatto un buon lavoro, con un articolo dettagliato e approfondito.
Chiaro che la posizione politica di AQ è di destra liberale, politicamente opposta a quella liberal dei Dem e della Clinton e più vicina a quella repubblicana e di Trump. E questo emerge nei toni carichi dell’articolo e nell’atteggiamento di chi si aspettava di trovare determinate cose e si sente confermato nelle proprie idee e nei propri giudizi.
Ciò detto, l’articolo è onesto quando scrive che il rapporto non contiene fatti nuovi rispetto a quelli già emersi ormai da anni, ma correttamente non lo tratta come un motivo per liquidarlo: perché è comunque di notevole rilevanza che un procuratore indipendente abbia confermato le ricostruzioni giornalistiche precedenti.
L’articolo dice che l’inchiesta era una montatura messa in piedi dalla Campagna Clinton. Questo può sembrare molto forte, ma è quello che penserebbe qualsiasi persona ragionevole dopo aver letto il rapporto.
Molto onestamente poi riconosce che ci può stare che in campagna elettorale si mettano in giro delle voci, anche false, per danneggiare il proprio avversario. Le indagini sugli avversari politici e questo tipo di operazioni sono abbastanza comuni nella politica americana.
Ma il problema è che questa montatura, come afferma precisamente Atlantico Quotidiano, ha trovato sponde nel governo federale, dando origine a indagini, intercettazioni illegali, leak e campagne di stampa, ad una caccia alle streghe durata quattro anni, e ad un’inchiesta del procuratore speciale Mueller finalizzata a insabbiare le tracce e distruggere la presidenza Trump.
Quello di Atlantico Quotidano per quanto mi riguarda è l’articolo migliore, perché non minimizza, non si abbandona a forzature per far dire al rapporto il suo contrario (come Il Post) e anche se usa toni piuttosto carichi è un articolo onesto che ha semplicemente il coraggio di dire le cose in modo diretto così come stanno.
Il Russiagate ha influenzato le elezioni del 2016 e del 2020, l’intera politica americana e mondiale, è diventato la base e il supporto per molte altre discutibili vicende, perciò mi sfugge come si possa minimizzare la gravità della condotta dell’FBI che, come dettagliano il rapporto e l’articolo, ne ha fatte davvero di ogni. Bene fa Atlantico Quotidiano a insistere su quanto sia grave.
