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A CERTE DOMANDE NON CI SONO RISPOSTE: IL DIBATTITO SULLA PENSIONE DEI DIRIGENTI PUBBLICI

A CERTE DOMANDE NON CI SONO RISPOSTE: IL DIBATTITO SULLA PENSIONE DEI DIRIGENTI PUBBLICI

Stavo leggendo su “Italia oggi” che “I dirigenti pubblici, se in possesso di “specifiche professionalità”, potranno essere trattenuti in servizio con incarichi di studio e di consulenza fino al 31 dicembre 2026 anche se collocati in pensione”. E ho visto che per alcuni l’emendamento che garantisce questo è uno scandalo, è contro i giovani, etc..

Però è vero che ha un suo senso cercare di mantenere in servizio qualcuno che vale, ha specifiche professionalità che altri non hanno, etc.. e non è automatico che mandarlo via e prendere “un giovane” sia meglio.

Ma d’altro canto, è vero anche che si possono immaginare ogni sorta di baroni e matusa che sfruttano indebitamente questa norma effettivamente a scapito delle possibilità di carriera dei giovani.

E allora pensavo a quale potrebbe essere il criterio che garantisce che non si sbagli, che si faccia in ogni diverso contesto e occasione la scelta giusta, trovando l’equilibrio tra tutte le considerazioni e le esigenze e i costi e i benefici etc.. e ovviamente questo criterio non c’è e non ci può essere.

L’unica cosa che ha senso è la discrezionalità, l’autonomia di decidere caso per caso, assumendosi la responsabilità della propria scelta e pagandone eventualmente il prezzo se è sbagliata.

Ma nel pubblico non può esistere questa discrezionalità, misto responsabilità, in cui si fanno scelte autonome e si viene valutati e ricompensati o puniti in base al fallimento e al successo, perché questo tipo di contesto è quello di chi sta sul mercato, di chi ha un rischio imprenditoriale, di chi fa profitti e perdite, di chi si confronta coi concorrenti, può essere scelto o rifiutato dai clienti e vive in generale in un contesto di relazioni volontarie tra proprietari, dirigenti, dipendenti, creditori, fornitori, azionisti, clienti, collaboratori, utenti, soci, concorrenti, etc..

Quindi la risposta è che non esiste alcuna soluzione, alcun criterio statale giusto, alcun sostituto del processo di libero mercato senza mercato. Anche il più apparentemente sensato o preciso dei criteri burocratici resta comunque un criterio senza senso e senza fondamento.

Ci potrà essere un criterio che accontenta di più gli uni o gli altri, e diverse forze politiche preferiranno accontentare più gli uni o gli altri, ma a parte questo scegliere a chi fare un favore e a chi no, non c’è niente altro.

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