
Il nazismo era anticapitalista

di Stefano Magni e Guglielmo Piombini
In questa rivista nazista (no, non è una reductio ad Hitlerum, è proprio una rivista nazista, Signal, di inizio 1945) si trovano tutti gli argomenti anticapitalisti che dominano tuttora il dibattito sul Recovery Plan. In pratica, portando ad esempio la piena occupazione della Germania nazista negli anni 30, si chiede allo Stato di creare posti di lavoro e iniettare denaro circolante per alimentare i consumi e dunque avviare un effetto volano. I Paesi “capitalisti” (che in realtà in quegli anni facevano la stessa cosa, a partire dal New Deal di Roosevelt) sono accusati di cinismo. La tesi è che abbiano ridotto la disoccupazione solo grazie alla guerra (vero), ma dopo la guerra sarebbero tornati ad avere tassi di disoccupazione maggiori (falso). Curioso, comunque, che l’hitlerismo proposto e il rooseveltismo sotto accusa fossero sostanzialmente identici. E purtroppo anche le ricetto dell’Ue odierna sono simili. Cambiano gli slogan, ma il green new deal è come il new deal. Che poi siano sistemi che facilitano brutti effetti politici collaterali, fino all’espansione e alla guerra, non è facile da capire, ne’ da spiegare.
Stefano Magni
Lo storico Rainer Zitelmann, dopo aver analizzato attentamente tutte le dichiarazioni registrate di Hitler, è arrivato alla conclusione che nei ragionamenti del dittatore le ideologie anticapitaliste e socialiste avevano giocato un ruolo molto più grande di quanto si fosse ipotizzato in precedenza. A differenza di altri storici, Zitelmann ha messo chiaramente in luce la natura socialista del regime hitleriano:
«Il progressivo e sistematico assoggettamento dei diversi ambiti dell’economia al controllo dello Stato era in linea con il postulato ideologico hitleriano del “primato della politica” e con la convinzione delle necessità di superamento del sistema economico fondato sul capitalismo privato. Il “nuovo piano” elaborato nel 1934 ebbe come conseguenza il controllo diretto e completo da parte dello Stato sul commercio estero … Anche se la proprietà privata restò ampiamente intatta … tutta l’attività d’investimento fu assoggettata di fatto al controllo dello Stato. Nel Terzo Reich lo Stato provvide anche a stabilire i prezzi e i salari, che invece nel sistema capitalistico privato sono regolati dal libero gioco delle forze di mercato. Lo Stato si dotò di ampi strumenti di pianificazione e, con una serie di misure dirette e indirette, regolò l’assegnazione delle materie prime, gli investimenti, i salari, i prezzi e, in parte, i consumi … Il riconoscimento della forma giuridica della proprietà privata da parte di Hitler perdeva di efficacia a fronte del suo rifiuto di delegare agli imprenditori privati il potere di disposizione sui mezzi di produzione … Secondo l’opinione di Hitler, l’imprenditore era un semplice incaricato dello Stato, ed era tenuto ad adempiere incondizionatamente le direttive da esso stabilite. Uno degli strumenti più importanti per conseguire questo scopo fu la minaccia di socializzazione agitata da Hitler in continuazione, sia in forma velata che in forma esplicita» (R. Zitelmann, Hitler, Laterza, 1991, p. 132-134).
Guglielmo Piombini
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