
Non è stato un caso

Forse la Svezia è stato un caso. Forse anche i sette Stati americani di cui sotto, sono stati un caso. Forse è stato sempre un caso che l’informazione abbia costantemente dipinto la loro situazione molto peggio di come fosse in realtà. Nella testa dello statalista se non ti affidi allo Stato, alla politica, alla burocrazia, al centralismo, alla pianificazione, all’imposizione autoritaria le cose non possono che andare logicamente peggio. Se non vanno male, deve essere per una botta di culo.
È con questo bias che si sono raccontati questi casi prevedendo sfaceli, moltiplicando i segnali negativi, e ignorando quelli positivi. È per questo che per es. quella della Svezia è stata raccontata come una scelta suicida che avrebbe fatto centomila morti. E poi non è stato altrettanto raccontato che non li ha fatti, non è stato sottolineato che le previsioni erano sbagliate di circa il 95%, e non è stato analizzato il perché. È per questo che sono usciti numerosi articoli che prevedevano che questa politica non avrebbe risparmiato alla Svezia una crisi economica pari a quella degli altri (anzi secondo qualcuno peggiore perché avrebbero avuto “cataste di morti per le strade”, mi ricordo personalmente chi diceva queste cose e non si è mai preoccupato di dire “mi sono sbagliato”), ma non ne sono usciti altrettanti per dire che non è stato così. È per questo che ugualmente non si racconterà che, ovviamente, gli Stati americani con i lockdown più leggeri si stanno riprendendo meglio (https://fee.org/articles/why-america-is-experiencing-two-very-different-economic-recoveries/)
È per questo che al contrario i casi di Stati europei e americani che hanno fatto il lockdown, lo hanno fatto duramente e corredato di tutte le misure consigliate, e sono andati peggio che mai, peggio di quelli che non lo hanno fatto, non vengono raccontati come fallimenti dell’interventismo statale, o almeno dei suoi eccessi, e non risentono del confronto con chi ha fatto scelte politiche opposte e meno interventiste.
Perché a priori esistono solo la pianificazione, l’organizzazione, la burocrazia politica o il caos. Non esistono coordinamento, organizzazione, ordine, senza centralismo e senza dirigismo. Non esiste la possibilità che una maggiore libertà, autonomia e decentramento, siano elementi che producono a loro volta ordine e armonia, coordinamento, cooperazione e adattamento. Non esiste ordine spontaneo. La libertà è disordine e, a seconda di con chi parli, ormai è anche ingiustizia, disuguaglianza, razzismo, omofobia, eugenetica, irresponsabilità, egoismo, cinismo, aggressione, violenza, fascismo.. là si può ancora ancora tollerare in tempi normali, ma va immediatamente tolta se c’è un’emergenza.
Adottata questa mentalità di partenza, il resto segue. Chi con meno intervento statale ce l’ha fatta, ce l’ha fatta per caso, chi con più intervento statale ha avuto sfaceli, meno male che non ha fatto altrimenti avrebbe avuto un’apocalisse. Ciò che probabilmente spiega il fatto che questi Stati, nonostante le drastiche misure prese, non abbiano avuto buoni risultati è il residuo di libertà personale rimasta. La gente non ha seguito abbastanza fedelmente il piano, non è stata del tutto sincera con le autorità. L’egoismo ha sabotato il bene comune. Forse l’informazione non è stata abbastanza convincente. Forse l’eccesso di libertà di stampa ha creato delle falle. E forse è stata anche colpa dei cattivi esempi, come la Svezia, il Sud Dakota e gli altri Stati americani, di cui sotto. E forse la colpa è anche della democrazia e dello Stato di diritto, che per quanto un po’ blandamente, pongono comunque limiti alle modalità di intervento possibili e che, sì, in parte sono stati sospesi dichiarando lo stato d’emergenza, ma non abbastanza. Perché se si fosse potuto fare come la Cina, allora sì…
Adottatata questa mentalità bisogna colpire la libertà e l’autonomia a ogni livello, nell’interesse del bene comune si intende. Bisogna colpire gli Stati che non si allineano, bisogna poter censurare l’informazione che rema contro, bisogna che democrazie, costituzioni, stati di diritto e quant’altro non possano limitare le possibilità d’intervento. Dunque è un problema da risolvere a livello sovranazionale.
Come da copione allo statalista i fallimenti dello Stato e della politica, dimostrano sempre che ci vogliono più Stato e più politica: il Covid è un problema globale, che mette in luce l’inadeguatezza delle risposte locali e nazionali, ed evidenzia la necessità sempre più urgente di istituzioni globali, che diano vita a una politica mondiale, che non lasci solo nessuno. E si intende, per lo statalista, “non lasci solo nessuno”, vuol dire contemporaneamente “non lasci nessuno senza l’aiuto e la solidarietà di cui ha bisogno” e “non lasci nessuno libero, sopprima ogni libertà individuale e locale”, perché le due cose nella sua testa coincidono.
In the United States, for example, seven states never locked down at all: Utah, Wyoming, North Dakota, South Dakota, Nebraska, Iowa, and Arkansas. All of these states have experienced Covid-19 deaths-per-million at rates well below those of states that enacted harsh lockdowns—especially New York and New Jersey. Deaths also remain far lower by this measure in many states that enacted either short or weak lockdowns, including Texas, Georgia, and Florida.
Moreover, like Sweden, these jurisdictions continue to provide counterexamples to the “lockdown or die” claims coming from states that did impose draconian lockdowns. For example, when Georgia was among the first states to end its lockdown—long before most states in the northeastern United States— the The Atlantic declared it an “ experiment in human sacrifice .” Clearly, several months later, this prediction continues to be wildly incorrect. In Georgia, Covid-19 deaths per millions are still less than half of what they are in New York. And hospitalizations continue to decline. But even if total deaths do double and the rate is eventually similar to that in New York, we’re still left with the question: why bother locking down at all if the outcome is the same?
Naturally, outcome would be embarrassing for advocates of lockdowns, so this sort of local sovereignty and independence would need to be eliminated by the global protectors of “public health.”
Were there a global, unform lockdown policy, of course, pro-lockdown reporters and politicians would not have to worry about being contradicted by “renegade” jurisdictions. Lockdowns would only be allowed to end in ways that suited the agendas of policymakers at the WHO, or whatever far-off governments were making policy for every state, town, region, and nation worldwide.
Editoriali
by Autori Vari
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