
I pericoli dello scientismo

L’approccio scientista ha sostenuto lo sviluppo della macroeconomia di base keynesiana che tanti danni ha fatto e continua a fare. Esso consiste nell’utilizzare in modo semplicistico un linguaggio, in particolare il linguaggio matematico, non nell’ambito proprio delle scienze naturali ma nell’ambito improprio delle scienze umane. Mises diceva che il comportamento dell’uomo non è quello di un sasso che cade e pertanto non può essere descritto da una parabola. Va bene quindi usare la matematica per modellare la realtà o per supportare decisioni, ma attenzione ad applicarla in contesti dove ci sono soggetti dotati di libero arbitrio.
Spesso lo scientismo è utilizzato in mala fede, ovvero si attribuiscono capacità previsionali ad un modello incompleto e non falsificabile, o si utilizzano dati di input in modo ampiamente arbitrario con il solo scopo di arrivare alla conclusione voluta, per dare così “copertura scientifica” ad una decisione esclusivamente politica. E ciò, facendo leva sull’ignoranza delle masse che tende ad attribuire capacità divinatorie a ciò che non capisce.
Per fare un esempio, esaminiamo il caso di un’analisi costi benefici per decidere su un investimento.
È evidente che una tale analisi fa parte di un corretto processo decisionale ma si deve essere consapevoli che molti costi e molti benefici non sono numerabili in modo deterministico. Alcuni di più, come quelli economici, dove peraltro spesso entrano in gioco stime probabilistiche, altri quasi per nulla, come quelli ad esempio connessi ad effetti sociali o ambientali. Per essere chiari, tale analisi non può dare un risultato certo incontrovertibile, può solo orientare nelle decisioni.
Inoltre anche la valutazione economica, ovvero quella per la quale si può utilizzare (con cautela) un approccio scientifico, va utilizzata bene e con buon senso. Va bene, ad esempio, rifare una tale analisi anche dopo l’avvio di un progetto e considerare, per le due alternative (di andare avanti o fermarsi), solo i costi e i ricavi futuri, senza cosiderare i costi sostenuti non recuperabili (i cosiddeti sunk cost). Tuttavia non bisogna omettere costi e ricavi. Per cui se completare l’opera costa, diciamo, 3 miliardi a fronte di ricavi stimati di 2 (quindi con un costo netto di 1), ma il non farla costerebbe 2 miliardi di penali senza i ricavi connessi all’opera (quindi con un costo netto di 2), conviene fare l’opera.
Infine un’ultima considerazione, è vero che i sunk cost sono ininfluenti dal punto di vista economico ai fini decisionali, essi però sono pur sempre “costi emozionali” che hanno un peso sul futuro eccome. Il non fare un’opera per la quale sono già stati spesi miliardi vuol dire aver buttato i miliardi spesi. È l’ennesimo insuccesso di una classe politica incapace.
Ciò va considerato con attenzione in un paese dove si discute e non si fa, dove qualunque decisione è ribaltata per finire in un’enorme spreco di risorse. Ponte sullo stretto docet.

La Teiera Celeste
La teiera di Russell, chiamata anche teiera celeste, è una metafora ideata dal filosofo Bertrand Russell per confutare l’idea che spetti allo scettico, anziché a chi le propone, l’onere della prova in merito ad affermazioni non falsificabili, in particolare in ambito religioso.
by Autori Vari
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Studia Philosophy and literature presso Alma Mater Studiorum – Università di Bologna